India: anche li fanno il Tequila

India: anche li fanno il Tequila

COCKTAIL E DISTILLATI CREATI CON CHAT GPT…OGGI E’ POSSIBILE! Lettura India: anche li fanno il Tequila 4 minuti

Sono passate due ore da quando l’autista ha lasciato Bangalore, la scoppiettante capitale tecnologica indiana. Nel mezzo della steppa, al confine tra Karnataka e Andhra Pradesh (sud dell’India), si attraversano diversi paesi dove gli abitanti si occupano della coltivazione di mango e banane. E poi, allo svoltare di una curva, cambio di paesaggio.  Improvvisamente si è circondati da piante del deserto...di Agave per essere precisi!

È dieci anni che il signor Desmond Nazareth si è lanciato in una folle avventura: creare dal nulla la prima distilleria artigianale di tequila in India. La tequila è un’indicazione geografica protetta, la sua bevanda viene commercializzata sotto il nome un po’ meno sexy di “Agave Spirit”.

Bisogna dire che la creazione di Desmond Nazareth risponde a una vera mancanza. Chi vuole bere dei superalcolici in India si trova davanti a un dilemma. I liquori locali sono economici, ma di solito consistono in un mix di alcol etilico industriale ottenuto a partire da una melassa di aromi artificiali di dubbia provenienza: la promessa di un hangover memorabile.

Quanto ai liquori importati, sono bevibili ma massicciamente tassati: considerate 50 euro per una bottiglia di media qualità in negozio. Per i più poveri rimangono gli alcolici assemblati illegalmente nei paesini, che uccidono o rendono cieche diverse centinaia di persone ogni anno.

Niente lasciava presagire che questo cinquantenne, ingegnere meccanico, mettesse in piedi una distilleria. “Erano gli anni 2000, è arrivato Internet. Ho cominciato a fare delle ricerche. Mi domandavo perché la tequila si facesse solamente in Messico mentre la maggior parte degli altri alcolici si fanno in più paesi diversi.”

Cercando sul web, Desmond ha capito che l’agave, con cui si fa la tequila, assomiglia alle piante che ha visto per tutta la sua giovinezza in India. “Mio padre costruiva stazioni radio, cambiavamo spesso regione,” ricorda l’ingegnere. E così si è messo a calcolare latitudini, esposizione solare, altitudine e temperature propizie alla crescita dell’agave.

“In un blind test, il mio prodotto sperimentale è andato meglio di certe tequila messicane. Mi sono detto che avevo delle carte da giocarmi.”

“Ho stabilito quale sarebbe stata zona perfetta: la pianura del Deccan, che assomiglia in tutto e per tutto alle terre vulcaniche del Messico.” La faccenda ossessionava talmente Desmond che si è deciso a lanciarsi in una sorta di caccia all’agave con alcuni amici di Goa. Bingo. “In 24 ore ho trovato la nostra agave. E non poca.”

Al ritorno ha deciso di costruire un laboratorio casalingo. Nonostante i mezzi di fortuna la tequila ottenuta funziona.

Trova gli investitori, cerca un terreno per coltivare l’agave e distillare l’alcol, ottiene i permessi dalla kafkiana amministrazione indiana… Desmond intraprende un percorso da combattente per reaizzare il suo sogno: una distilleria di tequila indiana di qualità superiore che risponde agli standard internazionali.

“L’acqua che utilizziamo viene usata per innaffiare le piante. I resti dell’agave alimentano la caldaia. È una distilleria a spreco zero!”. Desmond e Joe danno molto lavoro agli abitanti dei villaggi vicini. “Prima, l’agave non serviva a niente. Oggi è una risorsa supplementare per loro,” spiega il manager.

A 61 anni, Desmond non vuole solo costruire un impero. “Ho mostrato che è possibile produrre dei buoni alcolici con l’agave e la Mahua, ma mi piacerebbe anche vendere la mia confezione,” confessa. Il suo sogno? Che la prossima generazione segua il suo esempio e ricopra l’India di distillerie artigianali. “Un paese come la Germania ne conta 28.000. In India, il numero potrebbe essere 100.000!”.

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